Il viaggio del ricordo

Il 10 febbraio scorso è stato il XX° anniversario della “Giornata del Ricordo”, istituita dal Governo italiano in memoria delle vittime delle foibe.

Personale scolastico

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Magazzino 18 (ora 26)

Magazzino 18 (ora 26)

Il 10 febbraio scorso è stato il XX° anniversario della “Giornata del Ricordo”, istituita dal Governo italiano in memoria delle vittime delle foibe, nonché dell’esodo giuliano-dalmata, in occasione del quale il Comune di Roma ha organizzato un viaggio nei pressi della città di Trieste e dintorni, rivolto agli studenti e alle studentesse delle classi finali della scuola secondaria, così da ripercorrere una parte di Storia italiana che è rimasta per troppo tempo nell’oblìo.
La possibilità di partecipare ad un viaggio del genere è certamente stata di inestimabile privilegio per noi studenti, in quanto abbiamo avuto la possibilità di ascoltare diverse testimonianze, sia dirette che indirette, riguardanti l’orrore, la disperazione e il dolore conseguenti all’esodo. Non solo: le visite guidate, a partire dal Sacrario di Redipuglia, continuando con il Centro di raccolta profughi di Padriciano, la foiba di Basovizza, la Risiera di San Sabba e l’ex Magazzino 18 (odierno Magazzino 26), ci hanno permesso di vivere a pieno l’esperienza, rendendoci a nostra volta, seppur indirettamente, testimoni del dolore vissuto dagli esuli.
Certo è, che non potremo mai comprendere fino in fondo gli stati d’animo da loro provati così come non potremo mai comprendere il dolore di coloro che sono stati vittima delle foibe, malgrado gli sforzi. L’unica cosa che possiamo fare è ricordare studiando la Storia, non dimenticando le atrocità commesse da chi ha vissuto prima di noi ed ha deciso di farlo privandosi del minimo senso di umanità.
Sacrario di Redipuglia
La prima visita guidata da cui questo “Viaggio del Ricordo” ha avuto inizio è stata quella al Sacrario militare di Redipuglia, in provincia di Gorizia.
Il Sacrario venne commissionato da Benito Mussolini, con l’intento di costruire un vero e proprio memoriale bellico: ne è dimostrazione la collocazione proprio sul fronte occidentale, ove concedere sepoltura ai corpi esanimi dei soldati caduti durante la Grande Guerra risultava più tempestivo. In verità, l’idea di costruire un sacrario maturò, viste le condizioni trasandate del Cimitero Sant’Elia anch’esso inaugurato da Benito Mussolini, in presenza del re nel Maggio del 1923.
Tale cimitero, omonimo al monte su cui era sorto, era antistante al Sacrario che sarebbe stato costruito di lì a poco, ospitava all’incirca 30 000 caduti e viene considerato la sua prima necropoli.
Inaugurato nel 1938, il Sacrario presenta una struttura ben più complessa del cimitero, anche considerato il numero decisamente più considerevole di caduti sepolti al suo interno.
I 100187 caduti giacciono infatti in uno schieramento militare vero e proprio, alla cui base si trovano le tombe del Comandante della IIIa Armata, nonché Duca D’Aosta, e i suoi generali, dietro i quali si scorgono, in 22 gradoni, i sepolcri dei caduti, per primi e in ordine alfabetico i noti e successivamente gli ignoti.
Degna di nota risulta anche la tomba di Margherita Kaiser Parodi, posta in prima fila e riconoscibile dalla croce scolpita sulla facciata. Fu l’unica donna sepolta nell’intero Sacrario, prestò servizio come infermiera ai soldati infermi e non cessò di lavorare neanche quando il suo ospedale venne bombardato, motivo per cui le fu conferita la “Medaglia di Bronzo al Valor Militare”. Scomparve alla giovane età di 21 anni a seguito dell’epidemia di Spagnola che si diffuse al temine della Guerra.
Campo profuggu di Padriciano
Il pomeriggio del primo giorno del nostro viaggio, ci siamo recati presso il C.P.R. di Padriciano: il centro di raccolta profughi. Qui ci è stata mostrata e spiegata la storia di come il vecchio e dismesso comprensorio delle forze angloamericane del Territorio libero di Trieste divenne una struttura utilizzata per fronteggiare l’emergenza profughi degli anni ’50, culminante dal 1954 in poi con l’esodo dalla Zona B alla Zona A del Territorio Libero. Presentatoci come un punto essenziale per la conoscenza e l’approfondimento del dramma dell’Esodo giuliano-dalmata e delle condizioni in cui versavano gli esuli in fuga dalle persecuzioni della Jugoslavia comunista del dopoguerra, nel campo di Padriciano abbiamo potuto vedere le fondamenta delle baracche che “ospitavano” le famiglie degli esuli ed osservare la mostra allestita con utensili, documenti, masserizie, foto e cartine geografiche. A ricordo della tragica vita consumata li’ per tanti anni, nel piazzale del campo sono oggi presenti dei sassi che riportano le frasi di alcuni esuli che, dopo aver lasciato il campo per ricostruirsi una vita a Trieste e in tutta Italia, sono tornati a deporre una testimonianza di ciò che avevano vissuto.
Colpisce il dolore muto vissuto da queste persone, mai protagoniste, mai alla ricerca di visibilita’ o desiderose di fare conoscere la loro storia, una mitezza e rassegnazione che a venirne a conoscenza fa male.
Arriva il silenzio che ha accompagnato queste dolorose vicende, silenzio che diventa assenza ancora oggi nei libri di Storia.
La foiba di Basovizza
Il secondo giorno del Viaggio del Ricordo ci siamo recati alla foiba di Basovizza dove e’ stata deposta una corona da parte della Citta’ metropolitana di Roma e dove siamo stati accolti dal direttore del Museo che ha ricostruito le dinamiche di quei terribili giorni. Nel Maggio del 1945 il pozzo di Basovizza divenne luogo di esecuzioni sommarie per prigionieri, militari, poliziotti e civili da parte dei partigiani comunisti guidati da Tito. Le vittime erano italiane, uccise per ritorsioni dovute alle ragioni piu’ diverse, per vendetta dopo tanti anni di odio ideologico ed etnico o anche per l’acquisizione delle loro proprieta’ ma ci furono pure vittime slovene, contrarie alla nascita di uno stato comunista iugoslavo. I partigiani titini legavano le vittime a due a due o a catena con del filo di ferro poi sparavano in testa ad una cosicche’ cadendo nella foiba ( una voragine nel terreno profonda circa 300 mt) si portava dietro le altre e coloro che non morivano all’ impatto morivano di stenti condannati ad una lenta, straziante agonia.
Tutt’ intorno alla foiba sono collocate delle lapidi in memoria dei caduti che richiamano i concetti di giustizia e amore, i due pilastri della vera pace e non della pace raggiunta attraverso l’odio, la vendetta e le carneficine.
Risiera di San Sabba
Il secondo giorno del Viaggio del Ricordo abbiamo visitato la Risiera di San Sabba, non appena arrivati siamo stati accolti dall’assessore alla cultura del Comune di Trieste. In rappresentanza del Comune di Roma con noi per tutto il viaggio c’e’stato l’assessore alla cultura del Comune di Roma, Miguel Gotor.
La Risiera, prima del 1943, era uno stabilimento per la pilatura del riso, dopo l’Armistizio del 1943 Trieste è stata occupata dai nazisti che ne hanno fatto un campo di concentramento, dove sono stati rinchiusi principalmente partigiani italiani, ma anche prigionieri sloveni e croati e circa 20 ebrei.
All’interno di essa abbiamo visto il luogo dove presumibilmente si trovava il forno crematorio fatto esplodere dai tedeschi in fuga e abbiamo ascoltato dalla guida come nelle celle ancora ben visibili i nazisti torturavano i prigionieri.
Io penso che luoghi come la Risiera di San Sabba siano fondamentali per ricordarci la barbarie dei regimi totalitari e fare in modo che tragedie simili non si ripetano più.
Magazzino 18, Trieste
Lettere, fotografie, pagelle, diari, pianoforti, specchi, armadi, montagne di sedie ammucchiate, tutto questo c’e’ nel magazzino 18, ora 26, nel porto vecchio di Trieste. Queste cose erano appartenute a chi, dopo il trattato di Parigi del 1947 che assegnava vasti territori dell’Istria e della fascia costiera alla Iugoslavia dopo la sconfitta dell’Italia nella seconda guerra mondiale, scelse di abbandonare la propria terra diventando esule pur di non restare nella Iugoslavia di Tito. In questo luogo gli esuli, prossimi ad affrontare lunghi anni nei campi profughi o viaggi da emigranti per destinazioni lontane, lasciarono le loro cose in attesa di rientrarne in possesso. Pagine poco conosciute del nostro Novecento, come quella della strage di Vergarola ( Pola), legata ai drammatici episodi delle foibe e dell’esodo di migliaia di italiani in fuga dall’Istria, dalla Dalmazia, da Fiume. Il 18 Agosto 1946 moltissimi italiani assistono ad una gara velica sulla spiaggia di Pola. Nel primo pomeriggio un’esplosione uccide piu’ di cento persone, in maggioranza donne e bambini. E’ la strategia della tensione, creata per spaventare gli italiani e costringerli ad abbandonare la loro terra. Per decenni si e’ parlato di mine abbandonate e di tragica casualita’ ma si sapeva che l’esplosione non sarebbe potuta avvenire senza l’innesco di un detonatore. Il delfino di Tito, M.Gilas in un’ intervista del 1991ad un quindicinale fiumano dichiaro’: “ Nel 1946 io e E.Kardelj andammo in Istria ad organizzare la propaganda anti- italiana …bisognava indurre gli italiani ad andare via con pressioni di ogni tipo. Cosi’ fu fatto”.
Abbiamo ascoltato testimonianze relative a chi fu prima deportato in un campo tedesco di concentramento ed una volta rientrato nei territori passati alla Iugoslavia fu dichiarato “ nemico del popolo”.
Tommaso Dalia 5D,
Flaminia Fusco 5C,
Francesco Medori 5E,
Elisa Markaj 5FS,
Raffaello Sebastianelli 5FS,
Prof.ssa Carla D’Andrea
Sacrario Redipuglia

Sacrario Redipuglia

 

Campo profughi di Padriciano

Campo profughi di Padriciano

 

Foiba di Basovizza

Foiba di Basovizza

 

Risiera di San Sabba

Risiera di San Sabba

 

Magazzino 18 ( ora 26)

Magazzino 18 ( ora 26)

 

In ricordo della strage di Vergarola

In ricordo della strage di Vergarola